venerdì 10 febbraio 2023

#MetaSanremo. Il Festival in Spatial, un esperimento sociale. Un'idea di Francesco Spadafina alias Magicfluteoh

#MetaSanremo
Libere riflessioni di Lorenza Colicigno alias Azzurra Collas
Un esperimento sociale questo #MetaSanremo, cui partecipo, come giornalista, invitata da Francesco Spadafina alias Magicfluteoh, che, come è tradizione per Pyramid Cafè, ha voluto gettare un ponte tra metaverso e realtà, favorendo la visione del Festival di Sanremo in Spatial, mondo VR al quale si accede con visore, ma anche con pc e cellulare. Il Festival di Sanremo in Spatial, dunque, per avvicinare il metaverso, o almeno una parte di esso, al grande pubblico. Non è ancora il momento di un bilancio, certamente l'invito è stato raccolto da abitanti di Second Life, di Opensim, della ormai scomparsa AltspaveVR, ma anche nuovi fruitori, attratti da questo abbinamento tra una tradizione canora che ha le sue radici in anni ormai lontani, 73 per la precisione, e le nuove tecnologie, che consentono di essere contemporaneamente a Sanremo, a casa con i propri famigliari e anche con gli amici di tutto il mondo in Spatial. Nel 1951 avevo 8 anni, non ricordo esattamente come andò a casa mia l'impatto con l'ascolto musicale, tramite una radio che ancora fa bella mostra in casa. Mia madre, con cui ho poi continuato a vedere il Festival per molti anni in televisione, ancora oggi, a 98 anni, ne è una fan e non comprende perché siano ormai anni che io non mi appassiono alla sfilata di vestiti, quasi costumi da scena, di espedienti per mettersi in mostra, di cantanti più o meno "nuovi" e più o meno "stagionati" e, infine, di canzoni. E' stata contenta di sentire che sono di nuovo tra gli spettatori del Festival, ma non mi è stato facile spiegarle che l'evento lo seguo in Spatial nell'auditorium di Pyramid Cafè! Un primo bilancio, non propriamente musicale, non essendo un'esperta del settore, ma piuttosto un'interprete del nostro tempo, posso farlo, dopo la terza serata, sull'aspetto della connessione tra gli aspetti sociali previsti da un'impostazione da "pubblicità progresso" ormai tradizionale, e le regole dello spettacolo nazional-popolare. Il viso sorridente del Presidente della Repubblica Mattarella, il monologo di Benigni sul valore della nostra Costituzione hanno dato un contributo forte alla valenza identitaria in senso nazionale del Festival. Mi hanno convinto le tre ospiti e conduttrici, che molti si ostinano a chiamare a torto vallette. La discussa, amata e odiata Chiara Ferragni ha dato uno spazio importante al tema della violenza contro le donne. Chiara è stata chiara: per essere libera bisogna pensarsi libera. Ma qui le polemiche sono scattate subito: qualcuno ha detto che ha approfittato dell'opera di un artista con quel "pensati libera", altri che non ha avuto rispetto del suo corpo, benché disegnato sul suo abito, altri ancora che ha sfruttato a suo uso e consumo il tema della violenza sulle donne, insomma, come ha affermato Federica Rossi su Micromega, sulle sue spalle sarebbe stata meglio la scritta: "Pensati merce". Non mi sono mai interessata molto di Chiara Ferragni, però, non posso non vedere positivamente il fatto che in questa occasione abbia offerto a D. i .Re - Donne in Rete contro la violenza - l'opportunità di portare a un pubblico vastissimo una tematica drammaticamente presente nella cronaca giornalistica in modo ricorrente. Non mi nascondo le contraddizioni interne al personaggio, ma questo non può minimizzare la portata sociale della sua scelta di farsi accompagnare dalle volontarie di D. i. Re. Se anche un solo spettatore ha preso coscienza dell'importanza dell'impegno per le donne vittime di violenza, è già cosa buona, si vedrà nel tempo se avrà scavato una breccia nella coscienza collettiva. Francesca Fagnani ha portato a Sanremo con il suo monologo la voce dei ragazzi del carcere di Nisida: "Non siamo bestie", "Non siamo Killer per sempre". Tema di grande civiltà, apprezzo moltissimo chi insegna ai ragazzi delle carceri minorili, formandoli a cambiare, perché ne escano migliori, perché ne possano uscire riconoscendosi cittadini, parte di una comunità disponibile ad accoglierli, capace di comprendere che si può cambiare, soprattutto se non si è lasciati soli. Non meno interessante l'intervento della italo-iraniana Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani e digitali, che ha fatto risuonare le parole della rivolta iraniana: donna, vita, libertà. Paola Egonu, pallavolista azzurra, ha parlato della diveristà come riconoscimento della propria identità: "ognuno con il suo viaggio, ognuno diverso è riuscito a realizzare i propri sogni". Sulla sua dichiarazione "isolata dal contesto" che l'Italia sia un paese razzista, se certo queste sue parole non colgono. e credo che davvero non volessero avere questo senso, l'identità complessiva del nostro popolo, certo ci spinge a riflettere su spazi di difficoltà ad accogliere chi è diverso che ancora si evidenziano nel nostro Paese. E sul piano musicale, certo il più specifico del Festival? Aspetterei l'ultima serata per un bilancio più meditato. Si sono sentite belle canzoni, alcune più vicine alla mia sensibilità di donna che ha vissuto gran parte della sua vita nel Novecento. Ma a me piacciono tanto anche i giovani che tentano di sperimentare e di trovare la loro strada. Dei Maneskin, che dire? Sono dei bravi musicisti e non avrebbero bisogno di tutto ciò che fa da scenografia e coreografia alle loro canzoni, ma ognuno sceglie la propria strada, e la loro è andata davvero dritta verso il successo.

1 commento:

  1. Grande articolo, ormai siamo abituati alla sopraffine arte di scrittrice e giornalista di Lorenza e anche questa volta ha colto nel segno, delineando con puntualità la nostra esperienza sociale e culturale fra realtà virtuale e fisica.

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